Alcuni pratici consigli e informazioni sull’utilizzo del latte di mucca per la crescita del tuo bambino. A cura della Dott.ssa Lucia Palmieri

biberon Perchè è opportuno introdurre il latte vaccino dopo il primo anno di vita? Perché contiene troppe proteine, pochi grassi polinsaturi e un basso apporto di ferro e zinco. Non è quindi l’alimento più adatto a un bambino piccolo. Rimandare l’appuntamento con il latte di mucca è importante al fine di prevenire sovrappeso, obesità e problematiche associate.

L’ideale sarebbe continuare ad allattare al seno il bebè il più a lungo possibile. In mancanza del latte materno gli esperti consigliano di somministrare un latte formulato, studiato appositamente sulle esigenze del neonato.

Recenti revisioni scientifiche evidenziano come l’allattamento materno riduce il rischio di obesità in età scolare del 16-28%, rispetto all’alimentazione con latte formulato, l’effetto protettivo del latte materno può essere spiegato, almeno in parte, dal minor apporto di proteine. L’ipotesi è che un elevato e precoce intake di proteine nei primi anni di vita possa aumentare il rischio di sviluppo di obesità negli anni successivi (‘ipotesi delle proteine’)”.

Non tutte le proteine sono in grado di scatenare queste risposte metaboliche, in particolare viene posta attenzione sulle proteine derivanti da latte e latticini rispetto a quelle della carne.

E se il latte materno non c’è o non è sufficiente?

In mancanza di latte materno, è importante che al lattante sia somministrato un latte formulato, evitando l’introduzione di latte vaccino nel primo anno di vita. La sua composizione risulta essere infatti molto differente rispetto al latte materno, e questo può causare seri rischi nel lattante. Tuttavia da dati recentemente pubblicati su un campione europeo di bambini, emerge che il latte vaccino, e derivati, è assunto a 6 mesi dal 39% dei bambini allattati al seno (Italia 77%) e del 44% degli alimentati con formula (Italia 87%).

Esistono numerose buone ragioni per usare, in sostituzione del latte materno, il latte di proseguimento (cioè quel latte che viene consigliato per le esigenze nutrizionali di un lattante dai cinque mesi di età all’anno di vita), e quindi per introdurre il latte vaccino o latte “di latteria”, sia intero che parzialmente scremato, e sia fresco che a lunga conservazione, il più tardi possibile, per lo meno dopo i 12 mesi di vita.

Eccone di seguito alcune:

  • il latte vaccino è responsabile di un eccessivo apporto di proteine e di sali minerali (sodio in particolare): tutto ciò rischia di portare ad un sovraccarico di lavoro per i reni del lattante che sono ancora impreparati a smaltire una concentrazione così elevata di proteine e minerali (si verifica infatti un innalzamento dei livelli plasmatici di azoto e si provoca quello che in termini medici viene definito un elevato carico renale di soluti)
  • il latte vaccino contiene livelli di ferro trascurabili e a biodisponibilità molto bassa: in altre parole il poco ferro contenuto nel latte di latteria viene assorbito solo in minima parte dall’organismo
  • il latte vaccino induce microemorragie gastrointestinali, non visibili a occhio nudo, anche in assenza di segni di intolleranza al latte: ciò può aumentare la probabilità di andare incontro ad un’anemia. Infatti la frequenza di sideropenia (cioè di bassi livelli di ferro nel sangue) a 12 mesi è significativamente più elevata nei lattanti che ricevono latte vaccino. La sideropenia, anche senza anemia manifesta, può influire negativamente sullo sviluppo psicomotorio e comportamentale del bambino
  • il latte vaccino non contiene una sufficiente quantità di acidi grassi essenziali (indispensabili per una corretta formazione delle fibre nervose e della struttura delle membrane cellulari) e di vitamine (soprattutto la vitamina D, fondamentale per fissare il calcio nelle ossa, la vitamina A, che protegge la pelle e le mucose e rinforza la vista, e la vitamina C, che possiede un’azione anti-infettiva e ha un ruolo importante nell’assorbimento di ferro da
  • parte dell’organismo).

La diluizione del latte vaccino con l’acqua, con l’aggiunta del comune zucchero da cucina, se da una parte riequilibra la concentrazione di proteine e minerali (abbassandola), dall’altra diminuisce ulteriormente il contenuto di acidi grassi essenziali, riduce la quantità di vitamine e di altri micronutrienti, e apporta come carboidrati soprattutto il saccarosio e non, come accade con il latte di proseguimento, il lattosio o altri zuccheri come le maltodestrine.

Riassumendo il latte di proseguimento, rispetto al latte vaccino, ha un apporto di proteine minore, è ricco in acidi grassi essenziali, ha un modificato apporto di sali minerali con l’integrazione di quelli carenti, in particolare il ferro e lo zinco, ha una integrazione con vitamine e ha come carboidrati solo lattosio o maltodestrine.

Il latte di proseguimento si trova normalmente in commercio in forma liquida o in polvere.

Dovendo passare dal latte di proseguimento al latte vaccino, quale tipo consigliare? Intero o parzialmente scremato? Fresco o a lunga conservazione?

A partire dall’anno di età è attualmente consigliato il passaggio al latte vaccino non adattato; un consumo di circa mezzo litro al giorno andrebbe mantenuto per tutta la vita (salvo specifiche intolleranze). Nella scelta del latte occorre bilanciare le seguenti considerazioni:

  • il latte di mucca “dalla stalla”, per chi ne disponesse, è sicuramente genuino, ma molto grasso e dalla sterilità non garantita;
  • il latte “a lunga conservazione” (ottenuto con il metodo UHT: ultra high temperature, scaldando a 90°C per 1 minuto) da’ garanzie di igiene, ma al prezzo di un impoverimento nutrizionale;
  • i procedimenti di sterilizzazione a bassa temperatura (pastorizzazione, scaldando a 63°C per mezzora) garantiscono il contenuto di vitamine e una buona igiene, ma non la conservazione per lunghi periodi;
  • la scrematura sottrae al latte alcune componenti utili (vitamine liposolubili);
  • la bollitura a casa massacra microbi e vitamine;
  • la bollitura vera (dopo i 100°C) non va confusa con il momento in cui il latte monta (circa 80°C).

Tutto considerato, consigliamo di utilizzare, quando possibile, il latte di centrale fresco intero e di non bollirlo, bensì scaldarlo quanto basta; la confezione aperta va conservata in frigo e consumata entro 24 ore.